Corriere della Sera / La Merda: La Nuda Verità Fa Boom
By Daniela Morandi
In scena una scrittura nuda, le cui parole suonano e si fanno carne nel corpo dell’attrice, svestita. Sul palco l’urgenza di liberarsi dal disgusto di una società razzista, dei consumi e che relega la donna a oggetto, attraverso una partitura teatrale ridotta all’osso per regia. Ad emergere, l’invettiva rappresentata dalla maschera fisica e vocale dell’attrice nuda, Silvia Gallerano, che dà corpo al grido del regista Cristian Ceresoli nel tentativo di «districarsi dal pantano, prodotto dal genocidio culturale, come scriveva Pier Paolo Pasolini con l’avvento della società dei consumi. Incanalo poeticamente la mia rabbia nella scrittura», spiega il regista.
Scrittore autodidatta bergamasco, classe 1975, è l’autore di «La Merda», «espressione ricorrente che crea un forte punto di contatto a livello popolare. È un sentimento comune di fronte alla barbarie del vivere quotidiano». Il monologo, nato dalla collaborazione tra attrice e scrittore, racconta di una donna che vuole farcela a ogni costo pur di entrare nel mondo dello spettacolo. «È pronta anche a ingrassare fino a morire pur di vincere il provino della vita: aprirsi un varco nello show business per affermare la propria identità. La protagonista usa spesso la parola coraggio o espressioni quali dare la vita per un’ideale, ma non per salvare una collettività, come fecero I Mille partiti da Bergamo, bensì per salvare se stessa, per diventare famosa, per entrare nel Grande Fratello». L’opera ha registrato il tutto esaurito al Teatro I di Milano, al Palladium e al Teatro Valle Occupato di Roma. Apprezzata dalla critica, specie straniera, è vincitrice del Fringe First Award 2012 per migliore scrittura, del Arches Brick Award 2012 per Arte emergente, ha ottenuto la nomination per il Total Theatre Award 2012, mentre Silvia Gallerano è la prima italiana a vincere il premio di migliore attrice al Festival Fringe di Edimburgo. «L’acclamazione della critica nazionale e internazionale e il tutto esaurito dei teatri non sono stati influenzati dal nudo, bensì dal contenuto», precisa il regista. Ceresoli ha portato in scena la nudità non per intenti scandalistici, «né per retaggio di provocazioni anni Settanta, ma per esprimere la volontà di portare in pubblico l’intimo pensiero, senza filtri. Pertanto, in scena, la nudità che svanisce. Il pubblico, dopo un minuto che gode di questa esperienza dal vivo, dice di non accorgersi più del nudo dell’attrice. Prendono sopravvento il contenuto e il lavoro interpretativo della maschera fisica e vocale di Silvia Gallerano. Mai come in questo monologo ho avvertito il bisogno di elaborare un’idea e ho sentito la necessità di verificarla attraverso la carne dell’attrice, gettata in pasto al pubblico». Il testo dello spettacolo, da una settimana anche libro edito dalla Oberon Books di Londra, è oggetto di rilettura per un lavoro cinematografico. «Con Alice Rohrwacher – racconta il regista – pensiamo di scomporre l’opera in episodi, come fosse una serie televisiva d’impronta britannica, dove si combinano tematiche profonde, leggerezza, provocazione e satira». A partire dall’esperienza di questa scrittura, Ceresoli intende sviluppare un decalogo del disgusto: dieci flussi di coscienza, dieci tragedie. Dieci risate.